Le elezioni presidenziali americane hanno, notoriamente, un impatto in tutto il mondo, Europa in testa, nel breve e a più lungo termine. Pesano sull’evoluzione delle relazioni tra Stati e aree economiche, sul quadro delle regole che governano il mondo e, in definitiva, sull’economia e i mercati finanziari.
Più che di un vincitore, i mercati hanno bisogno, di un chiaro vincitore. Il prima possibile (non, per intenderci, come è accaduto quattro anni fa). L’esito della competizione tra l’ex presidente Donald Trump e l’attuale vicepresidente Kamala Harris avrà conseguenze enormi per l’Europa, impegnata oggi a gestire i riflessi di due conflitti. Sarà fondamentale capire se ci sarà continuità nel modo in cui gli Stati Uniti stanno gestendo i due conflitti. In ogni caso, la fiducia che abitualmente caratterizza la stagione post-elettorale è un fattore propulsivo per le azioni americane.
In una prospettiva di più lungo termine, il rischio principale per l’Europa deriva dalla potenziale rielezione di Trump, le cui politiche durante il primo mandato hanno introdotto una notevole volatilità nelle relazioni transatlantiche. Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che una vittoria di Kamal Harris si traduca automaticamente in relazioni più fluide o in una continuità politica. I democratici potrebbero certamente adottare un approccio meno dirompente ma, in termini di riflessi sui mercati azionari, sarà comunque necessaria un’attenta navigazione.
La demografia favorisce i repubblicani
Il processo elettorale statunitense è complesso: i cittadini scelgono inizialmente il Collegio elettorale, in cui ogni Stato è rappresentato in base al numero di abitanti; il Collegio elettorale vota poi a maggioranza il presidente.
Se si considera che ci sono Stati storicamente e solidamente democratici o repubblicani, diventano importanti le dinamiche demografiche dei diversi Stati. Nelle elezioni del prossimo novembre, questo fattore potrebbe avvantaggiare i repubblicani che hanno chiuso in attivo, se così si può dire, il bilancio dei grandi elettori potenzialmente guadagnati e persi in seguito all’ultimo censimento (2020). Il nostro economista, Lorenzo Codogno, ritiene che i democratici possano avere potenzialmente perduto tre grandi elettori.
Il ruolo degli Swing States e la tendenza oggi
L’esito delle elezioni dipende, spesso, anche dai cosiddetti Stati in bilico (Swing States), quelli nei quali nessun candidato o partito ha un sostegno storico tale da essere certo del successo e in cui il margine finale tra i due candidati è generalmente inferiore al 3%. Gli Swing State non sono chiaramente definiti ma, anche sulla base delle ultime elezioni, sono considerati sette: Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, Carolina del Nord e Nevada, tutti decisi nel 2020 con un margine ridotto. Il resto degli Stati rimane solitamente fedele al proprio partito, con un divario così ampio tra i candidati da rendere improbabile uno swing.
Per capire come potrebbero evolvere le preferenze in questi Stati cruciali, Codogno ritiene utile considerare il Cook Partisan Voting Index (PVI). Dopo il passaggio della candidatura da Biden ad Harris, le possibilità di vittoria dei Democratici negli Swing States sono aumentate da zero a 2 su 7. Nello stesso periodo, Trump ha perso terreno a livello nazionale, dando ad Harris uno slancio significativo che si è riflesso nella raccolta dei fondi: in luglio, Harris ha raccolto quattro volte più di Trump. Come ha tuttavia ricordato l’ex presidente Obama durante la convention democratica, non è il momento di riposare sugli allori, perché la battaglia per la vittoria democratica sarà dura.
I fondi raccolti dai candidati
Che cosa ci si può attendere dai mercati
Nonostante le sensibili differenze nei programmi dei due partiti, ci aspettiamo una reazione positiva dei mercati azionari, indipendentemente da chi sarà stato eletto, se il verdetto sarà stato chiaro e il passaggio delle consegne sara rapido. L’S&P 500, storicamente, tende a salire verso la fine dell’anno elettorale, spinto proprio dalla fine dell’incertezza che accompagna la competizione, tendenza che conferma l’importanza attribuita dai mercati alla stabilità.
Se quindi, un lato, l’incognita dell’esito è stato fin qui un fattore frenante, dall’altro l’avvicinarsi risultato è un momento propizio per costruire una strategia seguendo da vicino gli sviluppi e preparandosi ad aumentare l’esposizione al rischio, in particolare sulle azioni americane.
Cordiali saluti,
—
Federico Polese
—