Gli scenari tra transizione energetica e conseguenze profonde della pandemia
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La crescita globale è in chiaro rallentamento, l’inflazione si avvia a flettere ma ci vorrà tempo perché si raffreddi (e restano attivi alcuni fattori che l’hanno alimentata), la pressione delle politiche monetarie potrebbe ridursi
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L’atteso picco nella crescita dei tassi, una minore inflazione e la fase del ciclo aprono opportunità nell’obbligazionario
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Nel mercato azionario, ancora debole, ci sono segmenti con un potenziale interessante
- Il dollaro conserva il ruolo di bene rifugio ma è sopravvalutato
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Timing dell’investimento e scelta del livello d’ingresso sono, più che mai, essenziali
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La pandemia avrà conseguenze profonde ma ancora da decifrare: inflazione strutturale e transizione energetica sono due dei fattori chiave
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Ormai prossimi alla fine d’anno, abbiamo messo in fila alcune evidenze di questa fase e delle ragionevoli ipotesi economico-finanziarie per costruire un quadro utile a definire una strategia d’investimento. Ecco che cosa ne è emerso.
Lo scenario macroeconomico e l’orientamento di fondo
Nel 2023 la crescita nei Paesi occidentali sarà inferiore al trend attuale. In Cina e India sarà superiore al 5%.In un orizzonte oltre i 18 mesi, la crescita del GDP globale è prevista al 2,2%.
L’inflazione statunitense è attualmente elevata (lo US Urban CPI è al 7,8%) ma nei prossimi due anni fletterà verso il 2 e 3% stabilizzandosi in quella che la Fed ha definito una comfortable landing zone (superiore al 2%).
Le politiche monetarie si normalizzeranno rendendo le obbligazioni nuovamente interessanti (come argomentato nella newsletter sulle obbligazioni high yield pubblicata in novembre). La parte breve della curva dei tassi americani potrebbe rappresentare un investimento interessante unitamente ad alcuni segmenti industriali favoriti dalla contingenza economica, in particolare, per esempio, produttori di beni durevoli (macchinari e automazione).
I rendimenti azionari aumenteranno bruscamente quando ci sarà evidenza che la marginalità delle imprese smetterà di comprimersi a causa della recessione. Conserviamo quindi interesse per l’investimento azionario ma sarà fondamentale l’analisi del contesto per decidere il giusto timing. Il monitoraggio dei margini aziendali nel loro complesso indicherà il momento opportuno. Sarà anche importante avere cassa o investimenti a breve facilmente liquidabili.
Dollaro: resta bene rifugio ma è sopravvalutato
Diversi segnali fanno pensare che il grosso dell’apprezzamento del dollaro sia alle spalle. La moneta americana conserva lo status di bene rifugio ma in una prospettiva di lungo termine è sopravvalutata.
I rendimenti delle obbligazioni americane, sia High Yield (HY) sia Investment Grade (IG), sono in equilibrio. È preferibile concentrarsi su specifici HY (valutando caso per caso) che potrebbero essere riclassificati come IG, oppure su quelli che potrebbero essere rimborsati anticipatamente.
Inflazione: sono ancora all’opera alcuni fattori che la alimentano
Nell’attuale scenario d’inflazione e maggiore onerosità del capitale, è preferibile orientarsi su società con flussi di cassa positivi e prevedibili. Va anche ricordato che una parte delle spinte inflattive è stata originata da fattori esogeni alla domanda. La guerra in Ucraina e le perduranti restrizioni anti-pandemiche in Cina hanno reso vulnerabile la supply side dell’economia globale rendendo incerte le forniture di materie prime e il trasporto delle merci. Questi due fattori, combinati con gli stimoli fiscali e monetari (eccessivi), hanno creato l’inflazione di oggi. Alcuni potrebbero venire meno ma anche ritornare in primo piano in qualsiasi momento. Una potenziale spinta inflattiva originata dalla supply side è pertanto destinata a permanere.
Tassi: con il raggiungimento dei massimi si apriranno nuove opportunità nell’obbligazionario
Nel 2023 vedremo probabilmente il culmine dell’inasprimento dei tassi da parte delle banche centrali. Allo stesso tempo, la compressione degli utili aziendali al minimo del ciclo orienterà i mercati a cercare la luce alla fine del tunnel.
Le banche centrali arresteranno il rialzo dei tassi (plateau) o invertiranno la rotta (pivot) di fronte a segnali di minimo degli utili e d’inflazione in calo ma, nel frattempo, il ciclo economico potrebbe essere in recessione. Le obbligazioni sono, per questo, di nuovo interessanti ma la scelta dei tempi per entrare nel mercato sarà fondamentale.
Azionario: il mercato resta debole ma ci sono settori interessanti
L’investimento azionario è ancora penalizzato dal ciclo: prima di rientrare nel mercato è da valutare con attenzione il livello delle quotazioni. Privilegiamo, in ogni caso, l’azionario quotato rispetto al private equity: i ritorni potrebbero essere simili ma il private equity è meno liquido. Oggi le valutazioni sono migliori rispetto a un anno fa ma il 2023 potrebbe confermare la debolezza e portare a livelli fino al 20% inferiori agli attuali. Tempismo e tolleranza al drawdown sono fondamentali.
Quanto ai settori, i trend demografici, la de-globalizzazione e la scarsità del capitale (richiamati nelle newsletter di quest’anno) determinano la necessita di aumentare la produttività delle aziende e quindi d’investire in automazione (c.d. capital expenditure o capex). Sono da privilegiare le aziende di questo segmento piuttosto che quelle dei beni di consumo (per esempio, automobilistico e moda).
Il classico portafoglio 60 azionario/40 obbligazionario tornerà attuale una volta superate le turbolenze di questa fase. I rendimenti di breve termine saranno ancora condizionati dalla volatilità della fase in corso, ma nel lungo termine dovrebbero collocarsi al 5/6% una volta individuato il timing migliore. L’opportunità è analoga a quella del 2010.
Correlazione tra gli asset: è ancora una tendenza in atto
La correlazione tra titoli obbligazionari e azionari è molto elevata ma diminuirà quando diminuirà l’inflazione. Nel frattempo ci sono valide alternative per aumentare la diversificazione se si è pronti a rinunciare alla liquidità (ma è vera diversificazione o assenza di mark-to-market?). Il punto cruciale è se una certa inflazione, per esempio 3/4% diventerà parte integrante del sistema tenendo alto il rischio di correlazione elevato. Le premesse ci sono perché, come si è visto, le forze esogene (supply side) che hanno spinto i prezzi al rialzo sono ancora presenti incuranti di tassi risk free più elevati. Ne consegue che timing e selezione degli investimenti saranno fattori chiave per il futuro.
Le conseguenze profonde della pandemia: inflazione e transizione energetica i punti chiave
È fondamentale inserire nell’analisi le conseguenze profonde della pandemia che, in quanto tali, sono ancora incerte. L’attesa migrazione di massa dalle città non sta avvenendo, le prospettive di crescita economica di lungo termine non sono molto cambiate, l’inflazione è tornata a essere un punto chiave. C’è da chiedersi:
- se i cambiamenti hanno reso l’economia globale intrinsecamente inflazionistica o se sono ancora all’opera le forze deflazionistiche (i.e. digital transformation, globalizzazione);
- come si orienteranno i governi e le banche centrali per tornare a una bassa inflazione e come reagiranno il mondo della produzione e la società civile.
Altra questione chiave è l’esito della transizione energetica. In un mondo in cui l’energia è ancora per l’83% di origine fossile (petrolio e gas), è fondamentale capire come si evolverà verso la produzione di energia verde. Nel settore energetico, la penalizzazione delle aziende non ESG ha creato le premesse per una carenza cronica in capex (che ha anch’essa contribuito all’inflazione). Ora, però, l’urgenza (ampiamente condivisa) della transizione energetica apre rilevanti opportunità di sviluppo, in particolare nei settori di supporto alla produzione, per esempio i materiali che occorrono per il nuovo contesto energetico. Se ci si domanda come sarà il mondo post globalizzazione, seguendo le vie di approvvigionamento di questi materiali danno una buona indicazione: sta prendendo forma un mondo multi-polare, quello con cui molto probabilmente avremo a che fare negli anni a venire.