Mentre entriamo nel 2023, 14 anni dopo la crisi finanziaria globale (GFC), è chiaro che le strategie “macro” sono più rilevanti che mai per l’asset allocation. Anzi, probabilmente sarà ancora più importante nel 2023. Storicamente, molti pensavano alla “macro” come a una strategia marginale quasi non degna di essere presa in considerazione, ma la GFC ha chiarito che non è più così, il 2022 lo ha confermato e così sarà ancora almeno per buona parte del 2023.
Guardando al 2022 appena concluso, c’erano tre cose principali su cui abbiamo cercato di concentrarci in termini macroeconomici. Tutti e tre rimangono importanti per il 2023.
1 La put della FED. Entrando nel 2022 con l’inflazione al 7%, è stato fondamentale per gli investitori accettare che la cosiddetta “Fed put” (vedi oltre) non c’era più o almeno, che l’ipotetico strike price si era abbassato di molto. La Fed si è quindi messa in movimento significativamente per sopprimere l’inflazione e molti hanno opposto resistenza a questa idea e reagito in ritardo, credendo che la Fed mantenesse il proprio posizionamento a protezione degli investitori azionari, (di qui il conio del concetto di “Fed put”). È però necessario dimenticarsi di questo concetto almeno fino a quando l’inflazione non sarà sotto controllo. L’inflazione negli Stati Uniti rimane dove era un anno fa così come la disoccupazione. Un ulteriore ribasso azionario quindi non è qualcosa che la Fed proteggerà. Ci sono altre priorità.
2 Questa è una Fed “alla Volcker”. All’inizio dell’anno c’era la convinzione che la Fed avrebbe perso il controllo delle aspettative di inflazione, questo non è avvenuto. La credibilità di questa Fed è forte, con un dollaro forte, la 5yr/5yr breakeven inflation saldamente ancorata agli obiettivi e una curva dei rendimenti fortemente invertita. Tutti questi fattori suggeriscono che la Fed ha fatto tutto il possibile e sta avendo successo nel mantenere le aspettative di inflazione a lungo termine ben ancorate. Nel 2023, la Fed continuerà a sottolineare che non è la Fed di Arthur Burns, anche se assisteremo a rialzi dei tassi più lenti e diradati nel tempo. Anche altre banche centrali, come quella giapponese ed europea, hanno mostrato il desiderio di sorprendere il mercato con azioni alla Volcker. Questo estende l’applicazione della strategia USA al resto del mondo.
3 La crescita nominale USA rimane forte. Questo è un fattore importante da considerare quando si pensa alle valutazioni, agli utili e ad altri aspetti dei risk asset. Nel 2023, prevediamo una crescita nominale negli Stati Uniti nell’ordine dell’8%. Questa economia è cresciuta nominalmente di circa il 20% negli ultimi due anni. Questo offre una sorta di “margine di sicurezza” utile da tenere a mente quando si considera il rischio di mega-ribasso nelle azioni, che quindi non riteniamo probabile.
Per il 2023, la nostra prospettiva è incentrata sui titoli di stato e sulle obbligazioni corporate rispetto alle azioni. Nel 2022 abbiamo assistito a condizioni brutali nel settore del credito, con un aumento dei tassi e un allargamento degli spread a livelli che non si vedevano da tempo. Ciò ha depresso il mercato obbligazionario rendendolo di nuovo appetibile. La Fed continuerà a pesare sulla domanda e sulla crescita, con un conseguente impatto sui mercati azionari. In questo momento, i guadagni per gli investitori azionari sono in qualche modo limitati dal desiderio della Fed di riportare l’inflazione al target del 2%.
Per concludere, anche se non vediamo il rischio di sostanziali ribassi nel mercato azionario, il margine di crescita non solo è limitato dalla bassa crescita economica ma ha il vento contro della Fed. E’ probabile quindi che l’azionario navigherà in un ampio range per buona parte del 2023.